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20180626

meneghello, luigi

20110730

scaolafasolo

scaolafasòlo | capriola "a fagiolo" (gioco infantile)

20100727

potacio

20091023

Ur-Malo sequenza 8a

pómo zugo figo bèco baso
cuco biso vèro gnaro sòco
pico béco casso fógo buso
pésso paro bòto musso sigo
giasso lógo buto risso pèro

[sostantivi maschili bisillabi piani]

Ur-Malo
in: Pomo pero
di Luigi Meneghello
Rizzoli, 1974

20091004

Ur-Malo sequenza 1

potacio batòcio spuacio pastròcio
balòco sgnaròco sogato peòcio
bisato penacio rabòto cagòto
scoato lissiasso bigato missiòto
aquasso panaro spigasso seciaro
fufugno sgabòto slavaio marsaro
afano puliéro stranuso calièro
guciaro punaro bigòlo periólo
striòsso pantasso scravasso fiòsso
borésso saliso sporchésso sgiantiso
bonbaso spasséso pavèro tamiso
stramasso scartòsso capusso novisso
asédo disfrito fondacio pastisso
nissólo sculiéro missiére corame
scopèlo vesólo paciume luame
raiòto scufiòto cioato piéto
burièlo quarèlo parécio cavéio
caécio catéio coèrcio coincio


[sostantivi maschili trisillabi piani]

Ur-Malo
in: Pomo pero
di Luigi Meneghello
Rizzoli, 1974

20090913

meneghello, luigi

Non posso correre il rischio che la mia roba somigli a stupidaggini come la "venetizzazione" dei cartelli stradali. Scemenze. Io disapprovo totalmente l'uso rozzamente polemico e strumentale che viene fatto dei dialetti, non solo quello veneto.

Luigi Meneghello, 1997

20090730

Battaglie giuste e sparate

La Lega e i dialetti

«Non pubblicare articoli, poesie o titoli in dialetto», diceva una delle direttive ai giornali emanate nel 1931 da Gaetano Polverelli, capo ufficio stampa di Mussolini: «L’incoraggiamento alla letteratura dialettale è in contrasto con le direttive spirituali e politiche del Regime, rigidamente unitarie. Il regionalismo, e i dialetti che ne costituiscono la principale espressione, sono residui dei secoli di divisione e servitù». Un ordine insensato. Uno spreco di ricchezze.

Che Luigi Meneghello, autore di libri straordinari e stralunate filastrocche («potàcio batòcio spuàcio pastròcio / balòco sgnaròco sogàto peòcio») avrebbe potuto disintegrare spiegando dall’alto della sua cattedra all’università di Reading che non solo «chi è padrone del proprio dialetto poi impara meglio l’italiano, l’inglese e pure il tedesco» ma che «l’uccellino italiano, con tutto il suo lustro, ha l’occhietto vitreo di un aggeggino di smalto mentre l’oseléto veneto che annuncia la primavera ha una qualità che all’altro manca: è vivo». Vale per il dialetto veneto e il siciliano, il sardo e il piemontese. Tutti.

Come dice Ferdinando Camon, lui pure devoto alla lingua davvero materna, i «putèi» e i «picciriddi», i «pizzinnu» e i «cit» non sono solo «bambini». Ma qualcosa di più. Per questo è un peccato che una battaglia giusta, quella del recupero anche a scuola delle lingue locali usate da Verga e Pavese, Gadda e Fenoglio oggi stravolte da un impasto di tele-italiano «grandefratellesco», venga svilita in una sparata strumentale buttata lì dai leghisti, con accenti pesantemente anti-unitari, per ragioni di bottega. Come è un peccato che un problema legittimamente posto nel consiglio provinciale di Vicenza, quello delle graduatorie nei concorsi pubblici che al Nord hanno regole più rigide e al Sud più elastiche, venga tradotto in un attacco a tutti i docenti meridionali venato di vecchi rigurgiti razzisti che sembravano (sembravano) accantonati.

La scuola, come sa chi raggela davanti a certe classifiche internazionali che vedono il nostro Paese in drammatico ritardo (con la luminosa eccezione di alcune regioni settentrionali piene zeppe, a sentire il Carroccio, di docenti «terroni»), non ha bisogno di maestri e professori che sappiano recitare «sic sac de sòc sèc i è car ac a cà» (sottotitolo per i non bergamaschi: cinque sacchi di legna secca costano cari ovunque) ma di maestri e professori che conoscano e sappiano insegnare al meglio la matematica, la fisica, l’inglese, la storia, l’italiano... Ha bisogno, insomma, di un salto di qualità. Che recuperando un forte e comune sentire intorno all'idea della Patria, dell'Unità, del Risorgimento possa permetterci di ricucire senza derive campanilistiche con le nostre lingue di ieri che per Giacomo Leopardi erano le più vicine «all'espressione diretta del cuore».

E chissà che questa nuova scuola, italiana ma rispettosa dei dialetti, consenta ai deputati e ai senatori di domani di essere un po' più preparati di quelli di oggi, visto che ai microfoni delle Iene sono arrivati a collocare Guantanamo in Iraq e a definire il Darfur «un sistema di mangiare veloce», i baschi dell'Eta «un movimento irlandese» e Caino «figlio di Isacco». Per non dire della scoperta dell'America (oscillante tra il 1640 e il 1892) e altre amenità che ogni maestra da Sondrio a Crotone, inorridita, avrebbe segnato con la matita blu.

Gian Antonio Stella
Corriere della Sera | 30 luglio 2009

20090412

libera nos a Malo

monte di Malo"Coi tuoni e i primi scrosci della pioggia mi sono sentito di nuovo a casa. Erano rotolii, onde che finivano in uno sbuffo, rumori noti, cose del paese. Tutto quello che abbiamo qui è movimentato, vivido, forse perché le distanze sono piccole e fisse, come in un teatro."

Luigi Meneghello (Malo, 16 febbraio 1922 – Thiene, 26 giugno 2007)

 
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