20090330
Zlaagiu
via | Rossnaransa
via | gazTrovo che scoprire l'origine delle nostre parole sia veramente entusiasmante!
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similia tag | merangula
20090329
arrivano i pisani
via | cristina20090328
arevocce
via | Rosaspina__________________
similia tag | àlbara
20090326
a proposito di verbi parte seconda
via | cristinaNon posso non accennare al passato remoto, in quanto assai curioso. I verbi appartenenti alla seconda e terza coniugazione (- ere, - ire), e che sono composti da più di due sillabe, come nascere, morire, apparire, si trasformano rispettivamente come segue (per semplificare, indico solo la terza persona singolare): nascétte; morìtte, apparitte (qui mi colpisce l'analogia con i dialetti campani!). Tuttavia, questo peculiare adattamento del passato remoto sta cadendo in disuso (non sentirete mai dire ad un giovane versilese "moritte" o "apparitte"!).
Un'ultima curiosità:
I verbi contenenti il fonema “gl”, come “scegliere, sciogliere, cogliere”, alla terza persona plurale diventano: scèglino, sciòglino, còglino (nel versiliese più arcaico rispettivamente: scèlgino, sciòlgino, còlgino).
20090325
Dialetto e letteratura
via | fausto20090324
a proposito di verbi parte prima
via | cristinaI riflessivi, come già accennato in precedenti post, perdono la “r” che viene sostituita da una “s” (si ha un fenomeno di assimilazione consonantica, in quanto la “r” si uniforma alla lettera che segue, una “s” appunto): alzassi, véstissi, lavassi, stancassi, ecc. Da notare che, per quanto riguarda i verbi appartenenti alla seconda coniugazione (quelli che terminano in – ere) la “e” si trasforma in “i”: ricrédisi (ricredersi), illùdisi (illudersi), imbàttisi (imbattersi), ecc. Vengono accorciati anche i participi passati dei verbi appartenenti alla prima coniugazione (- are) e costituiti da più di due sillabe: bagno (bagnato), lascio (lasciato), tronco (troncato), lavo (lavato), ecc. Mentre i participi passati dei verbi appartenenti alla seconda e terza coniugazione, rimangono, di solito, invariati (dico "di solito", perchè proprio ora mi viene in mente "sentuto", che si usa in luogo del corretto "sentito", oppure "ditto" per "detto", "misso" per "messo"). Tra i participi passati dei verbi modali, troviamo “volsuto” al posto di "voluto" e "poduto" anziché "potuto". Per quanto riguarda la coniugazione dell’ausiliare “essere”, cambiano solo le tre persone del plurale. Quindi, nel caso dell'indicativo presente, abbiamo “sémo” (siamo); “sète” (siete); “ènno” (sono); nell’imperfetto, avremo “èrimo” (eravamo); èrite (eravate); èrino (erano). Nel congiuntivo imperfetto, troviamo "fussi, fusse, fùssimo, fùssite". La coniugazione dell’ausiliare “avere” all'indicativo presente rimane invariata rispetto all’italiano (a dire il vero, mi è capitato di sentire “abbiémo” al posto di “abbiamo”, come del resto anche per alcuni verbi non ausiliari, "andiémo via!", ma si tratta di una forma assai desueta). Nell’imperfetto, invece, troviamo : “avévimo” (avevamo); avévite (avevate); avévino (avevano). Talvolta, si fa un uso improprio dell'ausiliare avere, laddove lo si impiega al posto della cotruzione pronominale con il verbo essere. Per esempio: "hanno sposato in Chiesa" in luogo del corretto "si sono sposati in Chiesa".
20090323
freche
via | RosaspinaFreché, bambino; frechéne, bambina; freché e frechéne, con una sfumatura di i nella é ove la voce posa, ad Acquaviva e Monteprandone; frechì e frechìne, con una sfumatura di é che va man mano illanguidendo avvicinandosi all'ascolano, a Ripatransone, Monsampolo, Spinetoli, Colli, Castorano, Castel di Lama, Offida, Cossignano e Rotella; fricu e frica a Grottammare, Montedinove, Cupramarittima, Massignano, Campofilone, Pedaso, Montefiore e Carassai (a Cupra, in luogo di frica usato anche frechìne). Ad Ascoli frechì e frechìne.
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similia tag | cèo ¬ bòcia ¬ tóso ¬ gnaro ¬ frégo ¬ fanto
mézzo
via | cristinaQuesto post mi è stato ispirato da Fausto, nel momento in cui mi ha svelato l'esistenza di un gruppo musicale chiamato, appunto, i "Gatti mézzi" (vedi qui), che compone i testi dei propri brani rigorosamente in vernacolo pisano. Io li ho trovati molto pittoreschi...
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similia tag | mói
20090322
pocio
via | gazPociàre = intingere, immergere in un liquido.
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similia tag | biuta
tordello
via | cristina Il tordello (rigorosamente fatto a mano) è un tradizionale primo piatto della Versilia e della Lucchesia. È un tipo di pasta ripiena di carne di manzo, maiale e bietole, condita con ragù.
20090320
è capace che vada a piovere
via | cristina20090319
imega
via | CaigoDa qui il termine "imegoso" o "imigoso" riferito a persona viscida/appiccicosa.
Nota: l'immagine è tratta dal film Giù per il tubo. Questo per non turbare la sensibilità di chi prova ribrezzo nel vedere questi animali.
La vera autentica lumaca/imega è questa.
Gundùn
via | piaTraduzione di preservativo o condom in ligure.
Tale termine viene usato anche come aggetto qualificativo, per indicare una persona poco affidabile.
Nalla canzone "Creuza de mà", Fabrizio De André cita il "gundùn" come sostantivo, riferendosi alla possibilità di non usarlo accoppiandosi con ragazze di buona famiglia, con le quali, si presume, non si corrano rischi di malattie veneree.
20090318
20090317
sinque schei de mona
via | gazSinque schei de mona
in scarsea ghe fa ben a tuti
20090316
sciagatta'
via | cristinaSi può usare anche riferendosi ad oggetti dall'aria decisamente usurata: "Ma dove vai con quella borsa tutta sciagattata?" (in pessime condizioni). "Un ti mette' le scarpe nóve con questo tempaccio, ché le sciagatti!" (le rovini).
20090313
Volgar'Eloquio - Il dialetto, le radici, la differenza
via | RossDalla vostra corrispondente da Milano (meglio tardi che mai).
E' cominciata così, con la sfilata per le vie del centro della Mid South Highland Pipes and Drums Band e al suono di tamburi e cornamuse, la rassegna Volgar'Eloquio, che per alcuni giorni ha trasformato Milano in un laboratorio di divulgazione e riflessione sulle tradizioni dialettali della nostra penisola.
22 gli eventi in programma, tutti presi d'assalto dal pubblico.
Nei teatri ad aprire la festa dedicata al sorprendente mondo dei dialetti è stato il viaggio de I Milanes' attraverso quattro secoli di vita milanese, dalla peste alla guerra, dalla politica al sesso, raccontati da grandi scrittori in lingua e in dialetto come Carlo Porta, Alessandro Manzoni, Emilio De Marchi, Delio Tessa, Giuseppe Parini e Vespasiano Bignami. Poi è toccato alla lezione di Ferruccio Soleri, lo storico intreprete milanese del goldoniano Arlecchino servitore di due padroni, lo spettacolo di prosa più rappresentato al mondo.
Ancora, in un travolgente susseguirsi di appuntamenti, è stata la volta del racconto Bibbiù, in dialetto bresciano, portato in scena dal suo autore Achille Platto, che ha voluto calare in un contesto contadino da "scarpe grosse e cervello fino" i principali passi del Vecchio e del Nuovo Testamento, imprimendo loro un irresistibile taglio grottesco e dissacrante.
Seguitissimo anche il convegno intitolato Cosa ce ne facciamo del dialetto? al Teatro Dal Verme, un momento di formazione in cui studiosi, giornalisti ed organizzatori culturali si sono confrontati sul ruolo e sul valore delle lingue dialettali nella società contemporanea, affrontando temi come la resistenza all'omologazione e il futuro della varietà linguistica, italiana e non.
Naturalmente non sono mancati nemmeno appuntamenti più leggeri, pensati per i bambini, come i giochi ispirati all'universo divertente della Commedia dell'Arte, fatto di travestimenti, acrobazie, equivoci e personaggi bizzarri, al Circolo Filologico Milanese.
Gli incontri, compresi quelli apparentemente più noiosi come le lezioni di storia della lingua che sono state tenute in alcune università milanesi, hanno registrato il tutto esaurito, lasciando piacevolmente spiazzati persino i loro stessi organizzatori, che in alcuni casi hanno faticato non poco a gestire gli spazi e a contenere i tempi degli spettacoli.
Un entusiasmo insperato hanno dimostrato, ad esempio, i partecipanti alla full-immersion nella lirica dialettale contemporanea che si è svolta sabato 7 marzo nella saletta "Scatola Magica" del Piccolo Teatro Strehler.
Nel corso della singolare maratona si sono alternati autori di diversa provenienza:
- Franca Grisoni, da Sirmione, che ha letto con alcune delicatissime poesie d'amore tratte dalla sua raccolta La Giardiniera;
- Achille Serrao, napoletano, con alcune poesie ispirate dall'osservazione dei passanti e degli angoli delle strade della sua città natale;
- Remigio Bertolini, piemontese, che ha recitato una commovente poesia ambienteta nei primi anni Cinquanta, su un gruppo di piccoli orfani maltrattati e sfruttati dalle famiglie adottive per il lavoro agricolo e sulle montagne;
- Nelvia Di Monte, che ha dedicato il suo intervento alla lettura di alcune lettere in stretto dialetto friulano scritte nell'immediato primo dopoguerra dagli emigrati in Argentina, avviando poi un discorso sulla dolorosa questione dell'identità, delle radici e della nostalgia;
- Edoardo Zuccato, da Milano, che parlando del Po ha trattato del rapporto tra uomo, fiume e natura attraverso le atmosfere e le immagini della tradizione letteraria irlandese, intrisa di magia e suggestione e solita rappresentare la vita come un groviglio di elementi naturali;
- Franco Loi, nato a Genova da una famiglia sarda ma affezionato al dialetto meneghino, che ha presentato alcune delle sue più limpide e sincere poesie su Dio;
e, in videoconferenza rispettivamente da Santarcangelo di Romagna e da Pieve di Soligo, due pilastri della letteratura dialettale italiana quali Tonino Guerra, che ha parlato del suo lavoro di sceneggiatore con Federico Fellini, e Andrea Zanzotto, intervenuto con una bella riflessione sul dialetto come "il sorriso dei vecchi d'altri tempi".
Tutti gli autori, per la lettura in traduzione delle poesie, hanno potuto contare sull'aiuto di due giovani attori della scuola di recitazione del Piccolo, a dir poco meravigliosi (e non solo artisticamente, credetemi).
Grandissima partecipazione (molto oltre le aspettative, con tanto di un principio di rissa all'ingresso della sala per accaparrarsi i posti migliori) ha ottenuto anche il recital del bravissimo Marco Paolini al Teatro Dal Verme, domenica sera.
Complici l'intensità della sua recitazione, la potenza della sua mimica e la musicalità dolce e un po' malinconica del dialetto veneto, nonchè la bellezza espressiva di alcuni degli esiti più alti della poesia dialettale del secondo Novecento, con lui si è raggiunto il momento più emozionante dell'intera manifestazione. Attraverso la sua voce hanno preso la parola maestri come Andrea Zanzotto, Ernesto Calzavara, Giacomo Noventa, Biagio Marin e Luigi Meneghello, in una rievocazione triste e arrabbiata dei cambiamenti troppo veloci e delle ferite mai rimarginate che la mano dell'uomo "industriale" nel corso dell'ultimo secolo ha inflitto all'aspetto della terra veneta e, di conseguenza, al cuore dei suoi abitanti.
Un pezzo applauditissimo, di forte partecipazione emotiva (all'uscita ho visto volti rigati dalle lacrime), e segnato da un uso della corporeità molto affascinante, forse perché, proprio come il dialetto, essa si fa strumento di espressione istintiva di bisogni immediati. Davvero coinvolgente.
Lunedì 9 marzo, il giorno di chiusura della manifestazione, è stata quindi la volta di Antonella Ruggiero, che ha tenuto un concerto (chiuso al pubblico) per le detenute dell'Istituto Casa Circondariale di San Vittore, in occasione della festa della donna.
La prestigiosa voce della musica italiana ha voluto cantare storie di una Milano antica, che conosceva valori e speranze diversi da quelli di oggi, così omologati a modelli globali. "Racconti -ha detto la cantante al quotidiano la Repubblica- di ordinaria quotidianità, di uomini e donne che vivevano ai margini, in quartieri di periferia che esistono ancora, ma che oggi sono diventati grandi supermercati dove la solidarietà non si trova più. Posti dove adesso vivono persone che vengono da lontano, dalle aree del mondo da dove si fugge per cercare fortuna. Anche se spesso non la si trova, e si finisce in carcere". Molte delle donne per cui ha cantato in effetti sono straniere, ma lei ha dichiarato di non essere stata troppo preoccupata dai probabili problemi di comprensione del dialetto: "La mia esperienza mi ha sempre confermato che la musica arriva comunque, che va oltre le parole" ha spiegato, e si è augurata di essere stata capace, per il tempo di un concerto, di far tornare le sue spettatrici "con al mente e con il cuore nei loro luoghi, fra le persone che amano".
Spero anch'io ci sia riuscita. Conoscendo le potenzialità della sua voce, non sembra cosa affatto improbabile.
attualmente in giro per l'Italia con il suo Pica! Tour Teatrale
(foto da Flickr).
La giornata è poi proseguita all'Università Cattolica di Milano, con una singolare lezione-spettacolo con performaces sul tema del dialetto in musica tenuta dal cantautore in dialetto comasco Davide Van De Sfroos e da alti insegnanti d'eccezione come Patrizia Laquidara (siciliana interprete di musica popolare veneta e lombarda), il gruppo milanese Teka P e alcuni esponenti del movimento Taranta Power di Eugenio Bennato.
La manifestazione si è infine chiusa con una pioggia di note e meritatissimi applausi, all'atteso concerto di Davide van De Sfroos, Patrizia Laquidara con Hotel Rif, Taranta Power e Teka P al Teatro Dal Verme, dove si è potuto assistere al felice incontro fra le tradizioni antiche delle lingue dialettali e le sonorità e i ritmi moderni del rock e del pop.
L'idea di questo festival è venuta all'Assessore alle Culture, alle Identità e alle Autonomie della Regione Lombardia Massimo Zanello, ed è stata realizzata in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano e con la consulenza del professor Franco Brevini, studioso di letteratura italiana all'Università di Bergamo e grande esperto di dialetti.
L'iniziativa si inserisce in un progetto più ampio di tutela e sostegno della "cultura immateriale" che si rifà alla parola, previsto e finanziato da una recente legge della Regione Lombardia.
E' stata senza dubbio una scelta coraggiosa, quella di investire in un settore di nicchia come quello della divulgazione della letteratura dialettale, in questi tempi di difficoltà economiche e di tagli indiscriminati alla cultura e allo spettacolo non televisivo. Altro aspetto lodevole dell'iniziativa, il sentimento che l'ha animata, che è sembrato essere, per una volta, l'autentico amore per la conoscenza e la storia del nostro paese, e non l'interesse economico (tutti gli spettacoli erano a ingresso libero, ad eccezione del concerto di Van De Sfroos, al più che accessibile prezzo di cinque euro).
Lo scopo che i curatori del festival si augurano di aver raggiunto è quello di aver avviato un serio percorso di salvaguardia e valorizzazione delle tradizioni locali, che possa slegare il concetto di identità dalle volontà di protezionismo estremo, di chiusura e di intolleranza per trasformarlo al contrario in un'àncora di sicurezza, di contatto e di ritrovo per i momenti di sbandamento nei valori che possono mettere a repentaglio la sopravvivenza delle piccole comunità.
Altro obiettivo che Volgar'Eloquio spera di onorare, se sarà riproposto in futuro, è coinvolgere e appassionare alla conoscenza delle parlate popolari i giovani, che magari masticano benissimo l'inglese, ma che sempre più spesso non capiscono la parlata degli anziani, non sanno l'origine delle parole più rappresentative del loro dialetto, si dimenticano i modi di dire dei loro paesi e, con essi, il mondo dei loro nonni, la loro origine e la memoria della loro terra.
Vi lascio con uno spunto di riflessione.
Secondo i dati dell'Unesco ogni due settimane nel mondo scompare una lingua, e solo in Italia sono 31 i dialetti a forte rischio di estinzione. Se ci si ferma un attimo a ragionare su queste cifre e a immaginare cosa significa la perdita di un idioma, forse ci si può rendere conto dell'urgenza con cui sarebbe bene riscoprire e proteggere i nostri preziosi "volgar'eloqui". Perchè quando muore una lingua non spariscono solo l'alfabeto e i suoni che la compongono, ma si perde traccia della cultura che attraverso di essa è stata costruita, si rinuncia al ricordo del popolo che la parlava, si elimina la varietà e la ricchezza di pensiero di cui ogni sua più lieve inflessione è stata testimone. Si getta via nel tempo, pezzetto dopo pezzetto, la nostra storia.
A me piace pensare che con Dialetticon, nel nostro piccolo, qualcosa per scongiurare questa eventualità la stiamo facendo anche noi.
Ross
par diviso
via | cristinaPiù o meno si può tradurre con "potrebbe sembrare che...", ma enfatizza particolarmente la preoccupazione che qualcosa sembri fatto apposta, perseguendo una finalità malevola.
20090312
20090311
20090310
selvaggiume
via | cristina20090309
fólpo
via | em20090307
a proposito di vocali
via | cristinaProprio ieri, riflettendo sulle vocali “e” ed “o”, ho riscontrato che, molto spesso, laddove in italiano le suddette vocali sono aperte, in versiliese subiscono un fenomeno di chiusura, e viceversa.
Alcuni esempi di conversione di “é” in “è” e di “ó” in “ò”:
Baléna: balèna
Perché: perchè
Stélla: stèlla
Créta: crèta
Óra: òra
Lóro: lòro
Alcuni esempi in cui si verifica il fenomeno opposto (la vocale aperta diventa chiusa):
Intrèpido: intrépido
Il dittongo “uo” si trasforma in “ó” (indipendentemente dal fatto che nel dittongo in questione la “o” sia aperta o chiusa), con l’eccezione di “òmo” (uomo) in cui la “o” rimane aperta. Faccio alcuni esempi:
uòvo: óvo
ruòta: róta
vuòto: vóto
buòno: bóno
nuòto: nóto
nuotare: nóta’
casseruola: cazzaróla
Lo stesso fenomeno di chiusura vocalica si verifica nel dittongo “ie” (anche se, in questo caso, il dittongo viene quasi sempre mantenuto, tranne in alcune forme verbali come “téni!” al posto di “tieni!”):
Tièpido: tiépido
Piède: piéde
Biètola: biétola (anzi, in versiliese è “biéta”)
Liève: liéve
Fièno: fiéno
Pièno: piéno
Anche qui, però, esiste qualche eccezione: ad es., la seconda persona singolare dell’imperativo del verbo “venire”, è “vèni!” (si mantiene la “e” aperta) e non “véni!”.
20090306
20090305
Ciao Vito
via | Pierangeloda La Gazzetta del Mezzogiorno:
Muore Vito Maurogiovanni, lutto cittadino a Bari
L'Amministrazione comunale di Bari ha proclamato per oggi, giovedì 5 marzo, il lutto cittadino per la scomparsa di Vito Maurogiovanni, voce autentica della baresità, cantore della storia cittadina, poeta, sceneggiatore, giornalista, indimenticabile interprete della vita e delle tradizioni popolari.
La camera ardente per Vito Maurogiovanni sarà allestita a partire dalle 12 nella sala consiliare «Enrico Dalfino» di Palazzo di Città. Per questa ragione il Consiglio comunale, già convocato per questo pomeriggio, è stato rinviato a lunedì 9 marzo alle ore 17.30.
Ammalato da tempo e ormai impossibilitato a parlare, Maurogiovanni era un ottantenne giovane nello spirito oltre che nel sorriso che aveva trovato nel web una nuova forma per comunicare. Aveva infatti fondato un sito e animava da quattro anni un blog attraverso cui ha continuato a raccontare fino alla fine le sue storie e a far sorridere con la sua ironia. Era nato il 27 dicembre del 1924 nel retrobottega del caffè di suo padre. Ha scritto una trentina di libri e altrettante commedie. Il suo nome è particolarmente legato alla pièce teatrale Jarche Vasce, racconto in vernacolo della città vecchia e della sua umanità che da anni viene messo in scena dal Piccolo teatro di Eugenio d’Attoma.
Proverbio della Candelora
via | Daniele PasseriniLa Madonna Candelora
dell'inverno semo fora,
ma se piove o tira vento
dell'inverno semo dentro;
sole o solicello quaranta dì d'invernicello.
Festival del dialetto/2
via | RossProsegue da qui.
Per cinque giorni, dal 5 al 9 marzo, la città di Milano sarà il palcoscenico di Volgar'Eloquio, un viaggio nelle radici della nostra cultura attraverso concerti, recital, pièces teatrali, letture di poesia, lezioni-spettacolo nei luoghi simbolo della città -dal Piccolo Teatro alla Basilica di San Marco, dal Teatro dal Verme alla casa circondariale di San Vittore.
Dal 6 all'8 marzo la banda scozzese The Mid South Highland Pipes and Drums animerà le vie del centro città, da Piazza Castello a San Babila, al suono di cornamuse, con i musicisti che indosseranno i tradizionali kilt scozzesi.
(da City Milano, 4 marzo 2009)
20090304
spagna
via | em20090303
20090302
20090301
potta
via | cristina