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20110215

il sordo, il céco e il zoppo

Disse 'l sordo: Sento un tordo!

Disse 'l céco: Io lo vedo!

Disse 'l zoppo: Caminiémo! Siémo 'n tre... lo racchiappiémo!


Da notare: il zoppo anziché lo zoppo. E' una particolarità del dialetto versiliese (il zucchero, il zenzero, ecc.)

20110211

curame


Curàme = cuoio

Ricordo ancora la vecchia filastrocca, quella che usava dirmi mio padre e successivamente io ho raccontato a mia figlia.
Molto facile perciò che questa versione abbia molteplici varianti!

go fame, magna curàme
go sén, bevi fén
go sono, va dormir cole braghe de to nono

ho fame, mangia cuoio
ho sete, bevi fieno
ho sonno, vai a dormire con i pantaloni di tuo nonno

Ovviamente nessun senso, ma come tutte le filastrocche solo rima facile da ricordare

20100620

porobestia


Pòrobestia,
dopo tuto no ze miga na bestia,
pòrobestia!

traduzione letterale:
povera bestia,
dopo tutto non è una bestia,
povera bestia!


Sarebbe "poveraccio"!

Ricordo mio padre usava molto spesso questa espressione, sia per definire il povero diavolo malcapitato ma anche la "bestia" di turno, per esempio ricordo quella volta che il gatto di casa si divertiva a torturare il piccolo topo catturato e lui:
ma porobestia,
dopo tuto no ze miga na bestia,
porobestia!

20100416

piva piva sona



Ho obbligato mia figlia a fare questo giochino che facevo da piccola con uno stelo di petabrose. Al termine della tiritera il pezzetto di gambo avrebbe dovuto fischiare, cosa che non ha fatto alla perfezione. Naturalmente ho dovuto declamare io in dialetto perchè la pronuncia veneta di Laura fa ridere.

20100311

Sefol

Séfol: fischietto, zufolo, babbeo.
L'è 'l prim séfol: è il primo dei pifferi, il più sciocco.

***

Sifulà: fischiare, fischiettare (o infinocchiare, in senso figurato).

Serafì se fét? só ché só mìa se fà sifùle:
Serafino, cosa fai? Sono qui che non so cosa fare (e allora) fischietto. Una filastrocca-scioglilingua che si cantava ai bambini.

***

Siglà: fischiare in modo molto acuto.
Il termine si usa prevalentemente per indicare il verso di animali o il rumore stridente di oggetti in attrito fra loro.


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20091128

ben ben fioi

disegno di Valentina Grassini

ben ben fioi, 'ndemo,
sète par leto
sète par logo
sète impisemo el fogo
sète 'ndemo
sète stemo
sète a guardia ai ladri faremo...

La ricordo ancora questa tiritera che mio padre mi raccontava quando ero piccolina.
Era la finta esortazione della vecchietta, sola in casa, che in questo modo sperava di scoraggiare i ladruncoli creduloni che ascoltavano alla finestra.
Per me, allora, la vecchina rappresentava il massimo dell'astuzia...

20090818

Noter de Berghem

Caro Beppe,
una mia amica, venuta a stare nella mia città dalla Toscana, è stata colpita dalla scarsa socievolezza dei bergamaschi. "Voi vi fate un sacco di problemi per passare a trovare un amico, pensate "magari disturbo". Da noi non esiste!". Stessa impressione per una signora croata (che rimpiange il calore umano dei tedeschi!) e una americana (che ha passato sei mesi di solitudine pavese in seguito a un semestre sabbatico del marito). In effetti, l'introversione delle popolazioni montane e pedemontane (con l'eccezione dei milanesi) è inconfutabile. Il successo della Lega in queste regioni è dovuto al fatto che essa ha trasformato la loro predisposizione relazionale in una visione sociale e politica; ed ora, il diffondersi del leghismo a sud del Po rischia di propagare la scontrosità e la diffidenza prealpine un po' in tutta Italia. Ti pare che esageri? Niente affatto. Basta leggere il testo del ritornello di una nota canzone dialettale delle mie parti ("Noter de Berghem"): E che l'è la me ca che, e che comande me che, òi saì chi à e chi è che, so me 'l padrù. (Trad. lett. "E qui è casa mia, qui; e qui comando io, qui; voglio sapere chi va e chi viene, qui; sono io il padrone"). Come vedi, Bossi e Maroni non hanno dovuto inventare nulla. Però è un peccato che la tendenza a chiudersi in sè stessi, tipica di una popolazione che invecchia e che ha paura, venga ad appannare la simpatia e la disponibilità che sono sempre state, almeno nell'immaginario internazionale, prerogative degli italiani... tu cosa ne pensi?
Silvia Bianchi

Non sono d'accordo: i bergamaschi sono affabili e generosi come tutti i lombardi, e hanno un accento migliore. Bisogna saperli prendere, certo, perché possono essere un po' spigolosi. Lo ammetto, tuttavia: Bergamo è la sorella grande di Crema (caratterialmente, culturalmente, storicamente, economicamente), e io rischio d'essere un po' parziale...
(Italians di Beppe Severgnini, Corriere della Sera)


Nóter de Bèrghem

Nóter de Bèrghem, de Bèrghem de sura Noi di Bergamo, di Bergamo di sopra
alla forchetta ghe dis ol pirù la forchetta la chiamiamo "'l pirù"
E che l'è la me cà che E qui c'è la mia casa, qui
e che comande mé che e qui comando io, qui
oi saì chi 'a e chi 'é che voglio sapere chi va e chi viene qui
so me 'l padrù sono io il padrone

Nóter de Bèrghem, de Bèrghem de sura Noi di Bergamo, di Bergamo di sopra
alla finestra ghe dis ol balcù la finestra la chiamiamo "ol balcù"
E che l'è la me cà che E qui c'è la mia casa, qui
e che comande mé che e qui comando io, qui
oi saì chi 'a e chi 'é che voglio sapere chi va e chi viene qui
so me 'l padrù sono io il padrone

Nóter de Bèrghem, de Bèrghem de sura Noi di Bergamo, di Bergamo di sopra
al materasso ghe dis ol stremàs il materasso lo chiamiamo "ol stremàs"
E che l'è la me cà che E qui c'è la mia casa, qui
e che comande mé che e qui comando io, qui
oi saì chi 'a e chi 'é che voglio sapere chi va e chi viene qui
so me 'l padrù sono io il padrone

Nóter de Bèrghem, de Bèrghem de sura Noi di Bergamo, di Bergamo di sopra
all'urinale ghe dis ol bocàl il vaso da notte lo chiamiamo "ol bocàl"
E che l'è la me cà che E qui c'è la mia casa, qui
e che comande mé che e qui comando io, qui
oi saì chi 'a e chi 'é che voglio sapere chi va e chi viene qui
so me 'l padrù sono io il padrone

E che l'è la me cà che E qui c'è la mia casa, qui
e che comande mé che e qui comando io, qui
oi saì chi 'a e chi 'é che voglio sapere chi va e chi viene qui
so me 'l padrù! sono io il padrone!


E voi, amici dialetticanti, cosa ne pensate di noi bergamaschi?

20090721

Le campane de Fimon

Din don
Le campane de Fimon
Che le sona giorno e notte
E le buta xo le porte

Ma le porte le xe de fero
Volta la carta ghe xe on puliero (puledro)

On puliero che trà de cao (tira calci)
Volta la carta ghe xe on pao (tacchino)

On pao col beco rosso
Volta la carta che xe un posso (pozzo)

On posso pien de acqua
Volta la carta ghe xe ‘na gata

‘na gata con tri gatei (gattini)
Volta la carta ghe xe do putei (bambini)

Do putei che fa ostaria
Volta la carta – la xe finia

Il lago di Fimon a Vicenza è situato nei pressi della casa natale di mia madre. Questa ninna nanna ha portato nel mondo dei sogni intere generazioni di bambini della mia famiglia, è toccata a me e ai miei fratelli, poi naturalmente la magia si è ripetuta con i nostri figli… cullandoli dolcemente… la voce è cambiata, l’incertezza nella pronuncia… ma è qui ancora che frulla in testa con un misto di tenerezza e nostalgia... per una terra lontana e per i visi dolci che hanno accompagnato la nostra infanzia.

20090530

sangiuto

ho il singhiozzoSangiùto - Sangiòto - Sangiòsso = Singhiozzo

Secondo una antica credenza, per far passare il singhiozzo basta bere sette sorsi di acqua senza respirare o anche dire di fila per tre volte: " Sangiòto va in fosso va in fontana, va in boca de chi te brama".


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20090514

Trenta quaranta


Trènta, quaranta
la pégora che canta.
La canta söl sentér
ciama ciama 'l pegorér.
Ol pegorér l'è 'ndacc a Roma,
ciama ciama la padrona.
La padrona l'è 'n de stala,
ciama ciama la caàla.
La caàla l'è 'n giardì,
ciama ciama 'l Gioanì.
Gioanì l'è sö söl tècc,
tìrel zó per i orècc.
Tira orècc, tira orècc...

Trenta, quaranta
la pecora che canta.
Canta sul sentiero
chiama chiama il pecoraio.
Il pecoraio è andato a Roma
chiama chiama la padrona.
La padrona è nella stalla
chiama chiama la cavalla.
La cavalla è in giardino
chiama chiama Giovannino.
Giovannino è su sul tetto
tiralo giù per le orecchie
Tira le orecchie, tira le orecchie...


E' una delle più conosciute conte in dialetto bergamasco. Nel recitare l'ultimo verso bisogna appunto tirare le orecchie al bambino al quale la filastrocca è destinata.

20090416

tenerosse


Perchè Tenerosse,
lo mìssino 'n dù casse?
Perchè era così grosso...
che in una un ci capìa!

E' una filastrocca che ho scoperto grazie al mio amico Antonio il Giardiniere. Seravezzino D.O.C., lui sì che è un concentrato di versiliesità! Spesso io e lui ci divertiamo a parlare in versiliese stretto.
E' rimasto stupìto della mia vocazione. E da allora sono diventata la sua interlocutrice preferita. Ogni volta che a uno dei due viene in mente uno strafalcione in versiliese, prontamente lo esterna all'altro.

Non so se questa specie di filastrocca abbia un significato o venga usata in particolari contesti. Ma credo di no. Presumo che il suo senso sia legato esclusivamente al suono. Suona bene grazie alle numerose assonanze sibilanti.

L'identità di Tenerosse, rimane anch'essa avvolta nel più fitto mistero. Sarà un personaggio mitologico versiliese? Magari di origini longobarde? Mi viene da associarlo, sempre per assonanza, a Tassilone. A proprosito... si dice che Terrinca (volendo, si può cliccare!) piccolo paesino, frazione di Stazzema, arroccato sulle Alpi Apuane, abbia origini longobarde. Infatti, la più famosa pizzeria del luogo si chiama proprio "Da Tassilone" (fanno una pizza fantastica!). Però, Tenerosse, potrebbe anche essere il capo di una delle numerose tribù di indomiti liguri-apuani (ancora una volta, sempre volendo, si può cliccare), i più diretti antenati degli attuali versiliesi che, più di ogni altro italico popolo, hanno dato filo da torcere ai Romani.

Mìssino: ovviamente, "misero". E questo confuta la mia presuntuosa teoria sulla costruzione dei tempi verbali in versiliese. In base alle mie conoscenze, infatti, sarebbe dovuto essere "mettettero". Ma, evidentemente, esistono forme più arcaiche di passato remoto.
Capìa: entrava (da "capire", nel senso di "contenere").

20090212

tera

openclipart.org
La tera tira in tera
La terra ti butta a terra, lavorare la terra affatica

20081216

Il dialetto dell'amore

Ricordando Mariele Ventre e attendendo il Natale, una canzone dello Zecchino d'oro 1993, che nella sua semplicità ben interpreta lo spirito di questo blog.

Il testo è di Luciano Beretta (quello che ha scritto Il ragazzo della via Gluck) e lo trovate qui.

20081119

Ein zwei drei Polizei



Al set Cagliot c'al dutor nov al dis che ai ong di pe in dog.
(Lo sai Cagliotto che il dottore nuovo dice che le unghie dei piedi sono dodici?)

Set = sai = 7
ot = 8
nov = nove = 9
dis = dice = 10
ong = unghie = 11
dog = 12

20081031

i ga iga i gai

i ga igà i gài"Hanno legato i galli"...
(Si legge tutto d'un fiato ponendo gli accenti sulle A)

20081026

deo meneo e manina bea

Deo meneo
so fradeo
el più longo
cura oci
peta peoci.

Prendendo la mano al bambino si indicano le dita incominciando dal mignolo per arrivare al pollice, si intona una semplice cantilena e si dà all'ultima strofa una intonazione di sorpresa.



Manina bea,
fata a penea,
dove ti ze stà?

daea nona,

cossa ti gà magnà?

pan e late...
gate gate gate

Intonando la cantilena lentamente si accarezza il palmo della mano del bambino, all'ultima strofa, cambiando velocemente il ritmo, si fà il solletico ....

(il bimbo, finchè è piccolino, di solito, si diverte)

20081006

piova


piova piova vien
che te vogio tanto ben
che te vogio tanto mal
piova piova va in canal

20080929

tachi

Ti che te tachi i tachi
te me tachi i me tachi?
Mi che te taca i to tachi?
Tachetei ti i to tachi.

20080921

carega

Caregheta d'oro che porta el me tesoro che porta el me bambin Caregheta careghìn caregheta

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