sgregiolà
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Freché, bambino; frechéne, bambina; freché e frechéne, con una sfumatura di i nella é ove la voce posa, ad Acquaviva e Monteprandone; frechì e frechìne, con una sfumatura di é che va man mano illanguidendo avvicinandosi all'ascolano, a Ripatransone, Monsampolo, Spinetoli, Colli, Castorano, Castel di Lama, Offida, Cossignano e Rotella; fricu e frica a Grottammare, Montedinove, Cupramarittima, Massignano, Campofilone, Pedaso, Montefiore e Carassai (a Cupra, in luogo di frica usato anche frechìne). Ad Ascoli frechì e frechìne.
Il tordello (rigorosamente fatto a mano) è un tradizionale primo piatto della Versilia e della Lucchesia. È un tipo di pasta ripiena di carne di manzo, maiale e bietole, condita con ragù.
Traduzione di preservativo o condom in ligure.
Tale termine viene usato anche come aggetto qualificativo, per indicare una persona poco affidabile.
Nalla canzone "Creuza de mà", Fabrizio De André cita il "gundùn" come sostantivo, riferendosi alla possibilità di non usarlo accoppiandosi con ragazze di buona famiglia, con le quali, si presume, non si corrano rischi di malattie veneree.
Dalla vostra corrispondente da Milano (meglio tardi che mai).E' cominciata così, con la sfilata per le vie del centro della Mid South Highland Pipes and Drums Band e al suono di tamburi e cornamuse, la rassegna Volgar'Eloquio, che per alcuni giorni ha trasformato Milano in un laboratorio di divulgazione e riflessione sulle tradizioni dialettali della nostra penisola.
22 gli eventi in programma, tutti presi d'assalto dal pubblico.
Nei teatri ad aprire la festa dedicata al sorprendente mondo dei dialetti è stato il viaggio de I Milanes' attraverso quattro secoli di vita milanese, dalla peste alla guerra, dalla politica al sesso, raccontati da grandi scrittori in lingua e in dialetto come Carlo Porta, Alessandro Manzoni, Emilio De Marchi, Delio Tessa, Giuseppe Parini e Vespasiano Bignami. Poi è toccato alla lezione di Ferruccio Soleri, lo storico intreprete milanese del goldoniano Arlecchino servitore di due padroni, lo spettacolo di prosa più rappresentato al mondo.
Ancora, in un travolgente susseguirsi di appuntamenti, è stata la volta del racconto Bibbiù, in dialetto bresciano, portato in scena dal suo autore Achille Platto, che ha voluto calare in un contesto contadino da "scarpe grosse e cervello fino" i principali passi del Vecchio e del Nuovo Testamento, imprimendo loro un irresistibile taglio grottesco e dissacrante.
Seguitissimo anche il convegno intitolato Cosa ce ne facciamo del dialetto? al Teatro Dal Verme, un momento di formazione in cui studiosi, giornalisti ed organizzatori culturali si sono confrontati sul ruolo e sul valore delle lingue dialettali nella società contemporanea, affrontando temi come la resistenza all'omologazione e il futuro della varietà linguistica, italiana e non.
Naturalmente non sono mancati nemmeno appuntamenti più leggeri, pensati per i bambini, come i giochi ispirati all'universo divertente della Commedia dell'Arte, fatto di travestimenti, acrobazie, equivoci e personaggi bizzarri, al Circolo Filologico Milanese.
Gli incontri, compresi quelli apparentemente più noiosi come le lezioni di storia della lingua che sono state tenute in alcune università milanesi, hanno registrato il tutto esaurito, lasciando piacevolmente spiazzati persino i loro stessi organizzatori, che in alcuni casi hanno faticato non poco a gestire gli spazi e a contenere i tempi degli spettacoli.
Un entusiasmo insperato hanno dimostrato, ad esempio, i partecipanti alla full-immersion nella lirica dialettale contemporanea che si è svolta sabato 7 marzo nella saletta "Scatola Magica" del Piccolo Teatro Strehler.
Nel corso della singolare maratona si sono alternati autori di diversa provenienza:
- Franca Grisoni, da Sirmione, che ha letto con alcune delicatissime poesie d'amore tratte dalla sua raccolta La Giardiniera;
- Achille Serrao, napoletano, con alcune poesie ispirate dall'osservazione dei passanti e degli angoli delle strade della sua città natale;
- Remigio Bertolini, piemontese, che ha recitato una commovente poesia ambienteta nei primi anni Cinquanta, su un gruppo di piccoli orfani maltrattati e sfruttati dalle famiglie adottive per il lavoro agricolo e sulle montagne;
- Nelvia Di Monte, che ha dedicato il suo intervento alla lettura di alcune lettere in stretto dialetto friulano scritte nell'immediato primo dopoguerra dagli emigrati in Argentina, avviando poi un discorso sulla dolorosa questione dell'identità, delle radici e della nostalgia;
- Edoardo Zuccato, da Milano, che parlando del Po ha trattato del rapporto tra uomo, fiume e natura attraverso le atmosfere e le immagini della tradizione letteraria irlandese, intrisa di magia e suggestione e solita rappresentare la vita come un groviglio di elementi naturali;
- Franco Loi, nato a Genova da una famiglia sarda ma affezionato al dialetto meneghino, che ha presentato alcune delle sue più limpide e sincere poesie su Dio;
e, in videoconferenza rispettivamente da Santarcangelo di Romagna e da Pieve di Soligo, due pilastri della letteratura dialettale italiana quali Tonino Guerra, che ha parlato del suo lavoro di sceneggiatore con Federico Fellini, e Andrea Zanzotto, intervenuto con una bella riflessione sul dialetto come "il sorriso dei vecchi d'altri tempi".
Tutti gli autori, per la lettura in traduzione delle poesie, hanno potuto contare sull'aiuto di due giovani attori della scuola di recitazione del Piccolo, a dir poco meravigliosi (e non solo artisticamente, credetemi).
da La Gazzetta del Mezzogiorno:
Muore Vito Maurogiovanni, lutto cittadino a BariL'Amministrazione comunale di Bari ha proclamato per oggi, giovedì 5 marzo, il lutto cittadino per la scomparsa di Vito Maurogiovanni, voce autentica della baresità, cantore della storia cittadina, poeta, sceneggiatore, giornalista, indimenticabile interprete della vita e delle tradizioni popolari.
La camera ardente per Vito Maurogiovanni sarà allestita a partire dalle 12 nella sala consiliare «Enrico Dalfino» di Palazzo di Città. Per questa ragione il Consiglio comunale, già convocato per questo pomeriggio, è stato rinviato a lunedì 9 marzo alle ore 17.30.
Ammalato da tempo e ormai impossibilitato a parlare, Maurogiovanni era un ottantenne giovane nello spirito oltre che nel sorriso che aveva trovato nel web una nuova forma per comunicare. Aveva infatti fondato un sito e animava da quattro anni un blog attraverso cui ha continuato a raccontare fino alla fine le sue storie e a far sorridere con la sua ironia. Era nato il 27 dicembre del 1924 nel retrobottega del caffè di suo padre. Ha scritto una trentina di libri e altrettante commedie. Il suo nome è particolarmente legato alla pièce teatrale Jarche Vasce, racconto in vernacolo della città vecchia e della sua umanità che da anni viene messo in scena dal Piccolo teatro di Eugenio d’Attoma.
La Madonna Candelora
dell'inverno semo fora,
ma se piove o tira vento
dell'inverno semo dentro;
sole o solicello quaranta dì d'invernicello.
Prosegue da qui.