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20140220

lùf


lùf (s.m.) | lupo
(dal latino lupus più longobardo wulf)

20120520

Ladì

20110208

lavéggio

"Mètti il lavéggio sul fóco, che è òra di desina'!"



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similia tag | marmetta

20100910

lissia

openclipart.org
lìssia (s.f.)
ranno (miscuglio di cenere e acqua bollente usato un tempo per lavare i panni)

20100513

lellevaiola

capinera

20100409

Laaco

Laacò

20091030

luganega

lugànega

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similia tag | susezza

20090905

lóra

lóragrosso imbuto utilizzato per versare il vino nelle botti
[ dicesi anche di persona insaziabile ]

20090815

Lu lazzarétt

Mi chiedeva gaz se "pependone cucende" fosse il peperoncino secco o quello fresco: in effetti, la formula denota solo la piccantezza del peperone, non la modalità in cui lo serviamo. Ad ogni modo, tagliato a pezzettoni e messo sott'olio, avrà anche un nome più specifico: "lazzarétt"!

20090608

liston

antico liston di Campo S.Stefano

listón = luogo pubblico dove passeggiare alla sera con amici e conoscenti
e quindi fare el listón = andare a passeggiare di sera

Molte città del Veneto hanno il listón, di solito una piazza; uno dei più antichi luoghi di questi "passeggi" era quello di Campo Santo Stefano, a Venezia, già molto frequentato fin dal XVI secolo. In quel tempo il campo era erboso, salvo una striscia, una "lista", che era selciata e dove si poteva camminare comodamente avanti e indietro, chiaccherando e facendosi notare. Si svolgeva principalmente nei giorni di festa e soprattutto a Carnevale.
Per godersi il listón o per riposarsi dopo tanto camminare, venivano disposte delle sedie lungo il camminamento.
Col passare del tempo il listón si spostò in Piazza San Marco dove durante l'estate le sedie venivano affittate per cinque soldi l'una.
L'usanza di "fare el listón" è durata nei secoli e ancora fino al 1960-70 si poteva assistere in Piazza San Marco a un andirivini di giovani che dalla Torre dell'Orologio passeggiavano fino alle Colonne di Marco e Todaro e viceversa.

Il
listón in Piazza San Marco è sparito con l'arrivo dei turisti.

20090402

leto

léto = lercio, sporco, sudicio
"Vatti a lavà le mane, un no vedi come l'hai léte?!"
"Guarda com'è léta la mì macchina, sarà méglio la porti a lavà" (ciò risponde al vero).
Improvvisamente, mi sovviene un episodio risalente a qualche anno fa. Raccontavo ad una mia ex collega, di quanto fossero squisiti i "mignon" di una certa pasticceria di Querceta. Avevo preso la piacevole abitudine di andarli a comperare lì ogni domenica. Lei esclamò: "Ah!!! Ho capito! Da Pié* il Léto?". Ignoravo totalmente che il titolare del negozio fosse rinomato per tale peculiarità. Naturalmente, ne rimasi sconvolta e non mi azzardai più ad acquistare le paste da lui.
Come accade con i vari sinonimi di léto (zozzo, zozzone, sudicio, sporcaccione, ecc.), l'aggettivo, all'occorrenza sostantivo, in questione, può esprimere una certa laidezza in senso morale, o lubricità: "Guarda che léto lù lì! Legge 'ggiornaletti porno!".
Da lèto derivano i relativi verbi illétà e illétassi (sta attento al fango, che t'illéti le scarpe!), nonché il sostantivo létùme = alta concetrazione di sudiciume.
Nessuna fonte letteraria mi consente di risalire all'etimologia di questo termine, però viene spontanea l'associazione con letame. E ciò mi sembra molto plausibile.
Un altro sinonimo, versiliese, di "léto" è lózzo.
*nome fittizio che ho usato per non ledere l'immagine del pasticcere...Dopotutto, non è detto che sia proprio lui l'addetto alla preparazione dei dolci e, inoltre, una volta messe in forno, le paste dovrebbero uscirne sterilizzate, no?

20081120

legor

Légor.

Scónda légor=nascondino (da scónt, nascondere).

20081027

elle evanescente

l
[ j ], [ l, e ]
semiconsonante dorsopalatale rilassata

Si tratta di un suono tipico di alcune parlate venete, che sembra in espansione, chiamato di solito elle evanescente.
Si realizza in due posizioni:
- a inizio di parola, seguito da vocale non palatale (a, o, u): late (latte); longo (lungo); luna (luna)
- tra vocali non palatali: gola (gola); gondola (gondola); paròla (parola); svolàr[e] (volare)

Questo segno, che rappresenta un suono senza equivalente italiano (e tecnicamente definito da Giulio C. Lepschy "un'articolazione in cui l'aria passa attraverso un avvallamento nella parte centrale del dorso della lingua, sollevato verso la volta palatina, mentre i due lati del dorso della lingua sono a contatto con i lati della corona dei denti superiori"), è stato scelto per la sua relativa semplicità nei confronti di altri fin qui (1995 n.d.r.) adottati o proposti:
[ ł ] occupato nell'alfabeto polacco, con valore completamente diverso;
[ 'l ] col ricorso ad un segno grafico, l'apostrofo, che di solito denota un'elisione, che nel presente caso non c'è;
[ l ] già impiegato per un suono diverso;
[ j ] usato anche in alcune trascrizioni scientifiche (per esempio nell'atlante italo-svizzero nella forma y) per la somiglianza con la semiconsonante anteriore, alla quale si avvicina, ma con la quale non si identifica;
[ e ] semivocalico, che ha pure il pregio di essere molto vicino alla pronuncia reale, tanto da essere adottato, spesso nella forma semplificata e (scoea, "scuola"), in scritti divulgativi e correnti;
[ ' ] semplice apostrofo, che qui non indica caduta completa di un suono,
... senza contare la trascuratezza di segnalare in qualche modo questa l peculiare, restando fedeli alla diversa l laterale originaria e lasciando ai lettori il compito di realizzarla foneticamente secondo la singola varietà linguistica. Questa soluzione ha impedito di seguirne l'avanzata cronologica, tanto da indurre lo studioso G. Rohlfs a dichiarare che "poiché i testi di epoca antica non conoscono questo fenomeno (e nemmeno lo stesso Goldoni), deve trattarsi di cosa molto recente", contrariamente a quanto pensano altri ricercatori, che attribuiscono invece al fenomeno una certa antichità.

Di segno contrario è la posizione dell'Anonimo da Piove che distingue anche graficamente due specie di elle evanescente: una l di valore semiconsonantico e una ł molto più debole, semivocalica, che "scivola in un suono appena apprezzabile e che addirittura può sembrare soppresso": le due elle evanescente possono alternarsi anche nello stesso parlante a seconda della rapidità di pronuncia. In questa selva di pareri, sembra dover prevalere l'opportunità di non abbandonare, pur operando una distinzione grafica, il legame che lega la l alla l, da cui proviene, che è tuttora nettamente pronunciata nelle varietà periferiche della regione, e insistendo sul fatto che non va in nessun modo segnalata quando è completamente (o quasi) caduta nella pronuncia, perché assorbita da una o due contigue vocali palatali (e, i).

Si trascriverà quindi: agnèo, "agnello"; cae, "calle"; cassèa, "cassetta"; còtoe, "sottane" (ma còtola, "sottana"); fio, "filo"; spae, "spalle" (ma spala, "spalla").


upd
Il tag html per la elle evanescente è: <strike>L</strike>

La not dal squassaden

Riferendosi a una persona non molto sveglia di mente, si usa dire che è nato "la notte degli squassadini" (la nòt dal squassadén).
Gli "squassadini" sarebbero delle brevi e violente pioggie. L'unica spiegazione che si può dare all'origine del detto è che, secondo tradizione, i bambini nascono sotto i cavoli: perciò una notte di "squassadini", oltre a rovinare i raccolti, arreca danni anche ai neonati, i quali nascono "difettati".
"A'n son mea né la nòt dal squassadén!"
(Non son mica scemo!)

 
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