20110624

Brisa


"Brisa" - avverbio di negazione

(può essere inserito all'inizio della frase)
Brìsa fèr l’èsen" = Non fare l'asino

(ma anche alla fine)
"Incù a piov brisa" = Oggi non piove


17 comments:

Filo ha detto...

Se non sbaglio vicino ad Asiago chiamano "brise" i funghi porcini.

Caigo ha detto...

Usarlo all'inizio o alla fine della frase è indifferente o esiste una regola?
Ad esempio potrei dire fèr l'èsen brìsa?

gaz ha detto...

@Filo, non credo i funghi porcini, le "sbrise" dovrebbero essere questi :-)

Wu Ming 1 ha detto...

@ Caigo
no, nell'imperativo negativo "brisa" va all'inizio della frase. "Brisa" vuol dire "non", quindi funziona come in italiano:
Brisa fèr l'èsen = Non fare l'asino
A volte trovi gente confusa secondo cui "brisa" significa "mica". L'equivoco deriva forse dal fatto che sia "brisa" (briciola) sia "mica" sono parole che hanno a che fare con il pane, ma il loro uso è diverso. In italiano "mica" è un avverbio che serve a rafforzare la negazione, se non lo usi la negazione c'è lo stesso:
non sono mica nato ieri
non sono nato ieri
Invece "brisa" è indispensabile, è come il "pas" francese, se scompare, scompare anche la negazione.
Infatti nei dialetti emiliani il corrispettivo del "mica" si usa per dare un tono rafforzativo alla negazione. In ferrarese si usa "mìna".
An son brisa cunvint = non sono convinto
An son mina cunvint = non sono mica convinto!

Fiordicactus ha detto...

Quante cose si imparano . . . io ero ferma a "brisa per criticher" (spero di aver scritto giusto) credo di ricordare da Gino Cervi alias Peppone (Don Camillo). ;-)

Ciao, R

Caigo ha detto...

@ Wu Ming 1: Grazie per la spiegazione.
La questione del "mica" poteva in effetti confondere.

Uomo in ammollo ha detto...

C'è anche una espressione che alcuni usano non so perché: "Brisa Marisa!" anche se ti rivolgi ad un Luigi o una Laura. La Marisa rimane attaccata al brisa per via della rima...
A volte quando i miei figli fanno i somari li guardo con espressione severa e dico: "Brisa Marisa!"

gaz ha detto...

Quindi @Uomo in ammollo, questa espressione viene usata a mò di rimprovero?

AndrSci ha detto...

In effetti, credo che le analogie brisa-mica-pas siano molto profonde: devono essere diversi stadi evolutivi di un processo di grammaticalizzazione simile.

Probabilmente all'inizio queste forme dovevano accompagnare l'avverbio di negazione, conservando il loro pieno significato letterale: non è cambiato di una briciola, non avanzare un passo, e così via.
Poi, a poco a poco, si sono delessicalizzate, trasformandosi in avverbi che genericamente hanno preso il valore di rafforzare la negazione. L'italiano si è fermato a questo stadio.
I dialetti settentrionali, invece, come anche le varietà di italiano parlate nell'Italia settentrionale, hanno fatto un passaggio in più: queste forme si sono sostituite all'avverbio di negazione. Infatti, non solo 'brisa' ma anche 'mica' nell'Italia settentrionale sostituisce del tutto l'avverbio, e se manca mica manca del tutto la negazione, come nel proverbiale "Dura minga"(mil.). Infatti, nell'italiano parlato nel Nord, si usa frequentemente 'mica' senza il 'non', anche se le grammatiche raccomandano di evitarlo.
Anche in francese, è molto diffuso nel parlato 'pas' senza il 'ne' (cioè non come rafforzativo ma come avverbio di negazione piena), e le grammatiche raccomandano di evitare, nell'uso più sorvegliato, questa forma e usare 'ne...pas'.

Wu Ming 1 ha detto...

@ AndSci

sì, la tua ipotesi mi sembra plausibilissima.
Aggiungo che in alcuni dialetti settentrionali c'è stato un ulteriore sdoppiamento, ed esistono due avverbi di negazione, come in ferrarese, dove c'è quello basilare ("brisa" = non) probabilmente nato come rafforzativo, e un altro ("mina" = mica) che forse è entrato in uso mentre l'altro "perdeva potenza", perché c'era bisogno di un nuovo rafforzativo. Che te ne pare?

AndrSci ha detto...

Ragionevolissimo.
Ma... occhio, io non sono un dialettologo (purtroppo); vado un po' a orecchio, e di molti dialetti italiani, tra cui il ferrarese, non so una cippa (come diciamo noi a Oxford).

Se davvero questo "mina" può venire da "mica", come tu dici, l'ipotesi più probabile è che sia entrato per influenza di altri dialetti vicini mentre "brisa" perdeva forza; se, invece, "mina" ha un'origine diversa, probabilmente è autoctono.
Ora, c'è da chiedersi: può "mina" derivare (non solo come significato, proprio come evoluzione fonetica) da un'origine comune a "mica"? Qualcuno ha notizie di altre parole in ferrarese che hanno una 'n' dove l'italiano ha una 'c'?
(e potrebbe entrarci qualcosa la nasalizzazione che introducono i milanesi in "minga"?)

Wu Ming 1 ha detto...

@ AndrSci

sì, la pista è quella giusta. Ad esempio, per restare nel campo semantico del pane, in ferrarese "mollica" si dice "muléna" (che è come dire "mollina"). La "n" al posto della "c" è dunque un fenomeno che si riscontra. E sì, mi sembra una nasalizzazione, spinta oltre quella che si trova nel milanese.

kolza ha detto...

Nell'alta Lombardia (Valchiavenna e Alto Lario) esiste il brì come forma di negazione, contrapposta al lombardo standard (rectius insubre o lombardo occidentale)"minga".

Unknown ha detto...

Brisa non vuol dire briciola.
Ma brisla e' briciola

Mar ha detto...

Io sono di ferrara e si usa il "Brisa", an son brisa cunvint
Il 'mina' può venire usato in una frase più dubitativa, come ad esempio 'non ci sarà mica freddo fuori?
An g'sarà mina (par càs? frèd fòra?

Unknown ha detto...

Attenzione che in bolognese brîsa non è sempre l'unica negazione nella frase. Si, può essere usata anche da sola come risposta breve o nelle frasi esortative come "brîsa fér l'èsen" ma la costruzione della frase richiede anche il "non". Esempio :
- non sono andato in ufficio
A n sån brîsa ande in ufezzi

Unknown ha detto...

Sì, è giusto quello che avete rilevato. Si tratta di un processo di grammaticalizzazione di termini indicanti quantità minime che, a partire dal loro contesto originario ('avanzare di un passo', 'mangiare una briciola') hanno perso valore semantico e sono diventi termini a polarità negativa. Questo tipo di processo è anche alla base del ciclo di Jespersen che descrive il passaggio da una negazione preverbale (come in italiano per intederci) ad una postverbale (come in torinese), attraverso il passaggio intermedio della negazione discontinua (come il francese ..ne..pas..)

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