20090531

nduja

tipico salame calabrese morbido e particolarmente piccante
(dal franc. andouille)

Mangia nduja cu cipuja ca ti crisci 'a miduja.
Mangia nduja con cipolla che ti cresce il cervello.

20090530

sangiuto

ho il singhiozzoSangiùto - Sangiòto - Sangiòsso = Singhiozzo

Secondo una antica credenza, per far passare il singhiozzo basta bere sette sorsi di acqua senza respirare o anche dire di fila per tre volte: " Sangiòto va in fosso va in fontana, va in boca de chi te brama".


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| ghec

20090528

tabula rapinensis

20090527

lingua e dialetto

Un populu mittitilu a catina,
Mettete un popolo in catene,
spugghiatilu,
spogliatelo,
attupatici a vucca,
tappategli la bocca,
è ancora libiru.
è ancora libero.
Livatici u travagghiu,
Levategli il lavoro,
u passaportu,
il passaporto,
a tavula unni mancia,
la tavola dove mangia
u lettu unni dormi:
il letto dove dorme:
è ancora riccu.
è ancora ricco.
Un populu
Un popolo
diventa poviru e servu,
diventa povero e servo,
quannu ci arrobbanu la lingua
quando gli rubano la lingua
addutata di patri:
adottata dai padri:
è persu pi sempri.
è perso per sempre.
Diventa poviru e servu
Diventa povero e servo
quannu i paroli non figghianu paroli
quando le parole non figliano parole
e si mancianu tra d'iddi.
e si mangiano tra di loro.
Mi nn'addugnu ora,
Me ne accorgo ora,
mentri accordu a chitarra du dialettu
mentre accordo la chitarra del dialetto
ca perdi na corda lu iornu.
che perde una corda al giorno.

[Ignazio Buttitta, 1970]

20090526

Popona

La popóna.

Fotografata sul binario della stazione.
I treni sono perennemente in ritardo, ma almeno si ha qualche bel fiore da guardare nell'attesa.

cocón

openclipart.org
cocón (s.m.) | gomitolo

20090524

guerceta

Ho usato Guerceta, che poi sarebbe Querceta (frazione del comune di Seravezza) per riassumere un concetto. Quello delle consonanti velari Q e C (K) che in molti casi diventano G dura, la g di gatto, per intenderci. Ora, c'è da sapere che i versiliesi, i "fortemarmini" in particolare, sono di solito presi in giro dai viareggini per questa tendenza a sonorizzare le consonanti velari (k e q, appunto). Il più delle volte non si assiste ad una vera trasformazione di un suono in un altro, ma in una semplice contaminazione. Per cui, ad esempio, la c di casa sarà pronunciata come una sorta di ibrido, un incrocio tra la c e la g. Lo stesso fenomeno vale per la c palatale di cesta. Un fortemarmino è normalmente accusato di pronunciare digiotto anziché diciotto (ma è un'esagerazione!). Oppure gégìna anziché cecina (una buonissima torta salata fatta con la farina di ceci, che in Liguria chiamano farinata, se non erro).
Comunque, per riprendere il filo del discorso, in molti casi, dicevo, la g sostituisce inequivocabilmente la c dura e la q, come nei seguenti casi (i primi che mi son venuti in mente):

Pàssimi la garaffa (caraffa)
Quanto gósta quel vestito? (costa)
Del pane mangio solo la gròsta (crosta)
Vado a Guerceta a vede' l Palio de' micci (Querceta)

Maron

Marón (far) - esser scoperti, smascherati in un'impresa, spesso non buona, che si voleva rimanesse segreta.

20090523

ahn?

Natalino BalassoAhn? - interiezione del tipo:
Che cosa (hai detto)?

20090521

Alle, ajene

Àlle = gallo
Ajéne = gallina

Post "agrario", visto che in questo periodo, grazie al caldo e alle finestre aperte, per chi sta, come me, in prossimità della campagna, capita spesso, di primo mattino di sentire il canto del gallo, e durante la giornata il "coccodè" delle galline che hanno fatto l'uovo!

20090517

impiraressa

Jacopo de' BarbariImpiraréssa - da impiràr = infilare

Era la donna che infilava le perle in ventagli dai lunghi aghi terminanti con sottili fili. Le collane così realizzate venivano riconsegnante al fabbricante per la successiva vendita. Questo racconto ci fa percepire lo spirito di queste donne, fiere, battagliere che nella condivisione trovavano la forza e anche la gioia di vivere.

20090515

cavacamisa

trevisanecava (da cavàre: levare, togliere)
+
camìsa (camicia - qui la S è sonora, come in rosa)
=
straccia camicia si gioca in 2 o più persone (anche in numero dispari) con un mazzo da 40 carte divise in 4 semi (coppe, denari, bastoni, spade) di 10 carte ciascuno. È noto anche coi nomi di tras in camìsa (in lingua lombarda), restà 'n camìsa (in bergamasco), e 1, 2 e 3.

regole
Una volta mischiate, le carte vengono smazzate in mazzetti uguali, tanti quanti sono i giocatori. Ogni giocatore impugna il proprio mazzetto, così come l'ha ricevuto e senza guardarne il contenuto.
Le uniche carte vincenti sono Asso, Due e Tre di qualsiasi seme.
Il primo giocatore scopre la prima carta del proprio mazzetto. A turno fanno lo stesso gli altri giocatori, così da formare un mazzetto comune al centro del tavolo.
Quando un giocatore gioca una delle tre carte vincenti, il giocatore successivo è obbligato a giocare il numero di carte indicate: 1 carta per l'Asso, 2 per il Due e 3 per il Tre. Se durante queste giocata esce una delle carte vincenti, l'obbligo si interrompe e tocca al giocatore successivo giocare il numero di carte indicate. Se il giocatore obbligato a giocare le carte non pone una carta vincente il mazzetto di carte presente sul tavolo viene vinto dal giocatore che ha giocato l'ultima carta vincente. Questo riporrà le carte sotto alle proprie e inizierà una nuova giocata.

Lo scopo del gioco è quello di prendere tutte le carte possibili sino a rimanerne l'unico proprietario. Da qui la definizione di lasciare solo con la camicia gli altri giocatori. Quindi il punteggio è dato semplicemente dalla conta delle partite vinte.

20090514

Trenta quaranta


Trènta, quaranta
la pégora che canta.
La canta söl sentér
ciama ciama 'l pegorér.
Ol pegorér l'è 'ndacc a Roma,
ciama ciama la padrona.
La padrona l'è 'n de stala,
ciama ciama la caàla.
La caàla l'è 'n giardì,
ciama ciama 'l Gioanì.
Gioanì l'è sö söl tècc,
tìrel zó per i orècc.
Tira orècc, tira orècc...

Trenta, quaranta
la pecora che canta.
Canta sul sentiero
chiama chiama il pecoraio.
Il pecoraio è andato a Roma
chiama chiama la padrona.
La padrona è nella stalla
chiama chiama la cavalla.
La cavalla è in giardino
chiama chiama Giovannino.
Giovannino è su sul tetto
tiralo giù per le orecchie
Tira le orecchie, tira le orecchie...


E' una delle più conosciute conte in dialetto bergamasco. Nel recitare l'ultimo verso bisogna appunto tirare le orecchie al bambino al quale la filastrocca è destinata.

20090512

caparossolo

caparossolocaparòssolo = vongola verace
raccolte nelle lagune costiere del Veneto.

"La Vongola verace è un Mollusco con conchiglia formata da due parti distinte e uguali, dette valve (bivalve). La conchiglia è di carbonato di calcio, che l'animale estrae direttamente dall'acqua di mare. Le valve sono tenute insieme da un meccanismo a cerniera costituito da incastri (denti cardine, 3 in questa e nelle specie simili) e legamenti. Da notare che i cerchi concentrici sono in questa specie molto serrati tra loro.La specie può raggiungere occasionalmente una dimensione massima di circa 6 cm, mentre è comune a 3-5 cm."

20090509

bassacuna

click to watch The Basacùna Showbasacùna, bassacùna (dal francese bascule) | bàscula

20090508

cagona

cagona = sbornia - (go ciapà na cagona = ho preso un'ubriacatura)

20090507

Galineta

Galinèta = coccinella (chiamata anche gallinetta della Madonna)

La scorsa primavera a Bergamo ne sono state liberate centinaia sui tigli piantumati lungo i viali di alcuni quartieri della città, per ingaggiare una lodevole forma di lotta biologica contro gli afidi e gli altri parassiti delle piante. L'esperimento ha consentito di risparmiare all'aria, all'acqua delle falde e ai polmoni degli abitanti grandi quantità di insetticidi tossici, e sembra aver portato risultati soddisfacenti.
Speriamo venga ripetuto anche quest'anno.


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20090504

garanghelo



Garanghè
lo (far) = far baldoria

Forse da "geringel", parola del dialetto tirolese che significa "danzare in cerchio", dal tedesco "ring" = anello.

...buon divertimento :D

20090503

Ciammarica

Sta mattina l'ho trovata sul muro di casa che mi salutava con le antennine!

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20090501

Stanga-caplètt

cappelletti antifascistiI CAPPELLETTI DEL PRIMO MAGGIO
(testimonianza di Oddino Cattini)

... Esistevano vere e proprie squadre di "stanga-caplètt", fascisti picchiatori che controllavano le case di molti antifascisti, per assicurarsi che non si facesse festa.

Spesso toccava alle donne nascondere i cappelletti fino a che non fosse passata la pattuglia fascista, per poi apparecchiare con la tovaglia rossa ed offrire alla famiglia ed ai compagni vicini i buonissimi cappelletti antifascisti.

“(...) Fra gli antifascisti, a quei tempi, come è poi tornato dopo il fascismo, si festeggiava il Primo di Maggio, e costumava di fare i cappelletti. Allora i fascisti andavano a casa di qualcuno che a loro interessava, all'ora del pranzo del Primo maggio, a vedere cosa mangiavano. A casa mia, io ero un ragazzo che stava per compiere i 5 anni, cioè nel 1922, venne questa squadra di fascisti, che mi impaurì, io, le mie sorelle, mia madre e anche mio padre stesso; hanno visto che c'erano i cappelletti sulla tavola, e portavano rancore che mio padre non smetteva di pensarla ancora da socialista, hanno preso il lembo della tovaglia, trascinando tutto quello che era sopra, e buttando tutto a terra.
E di conseguenza bastonavano anche mio padre stesso, sotto le grida mie, delle mie sorelle e di mia madre 'Basta, basta, lasciatelo stare, smettetela', ma, finché è parso a loro, questo ha continuato.”

(“Pollicino Gnus” n. 40, maggio ‘97)

 
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