(testimonianza di Oddino Cattini)
... Esistevano vere e proprie squadre di "stanga-caplètt", fascisti picchiatori che controllavano le case di molti antifascisti, per assicurarsi che non si facesse festa.
Spesso toccava alle donne nascondere i cappelletti fino a che non fosse passata la pattuglia fascista, per poi apparecchiare con la tovaglia rossa ed offrire alla famiglia ed ai compagni vicini i buonissimi cappelletti antifascisti.
“(...) Fra gli antifascisti, a quei tempi, come è poi tornato dopo il fascismo, si festeggiava il Primo di Maggio, e costumava di fare i cappelletti. Allora i fascisti andavano a casa di qualcuno che a loro interessava, all'ora del pranzo del Primo maggio, a vedere cosa mangiavano. A casa mia, io ero un ragazzo che stava per compiere i 5 anni, cioè nel 1922, venne questa squadra di fascisti, che mi impaurì, io, le mie sorelle, mia madre e anche mio padre stesso; hanno visto che c'erano i cappelletti sulla tavola, e portavano rancore che mio padre non smetteva di pensarla ancora da socialista, hanno preso il lembo della tovaglia, trascinando tutto quello che era sopra, e buttando tutto a terra.
E di conseguenza bastonavano anche mio padre stesso, sotto le grida mie, delle mie sorelle e di mia madre 'Basta, basta, lasciatelo stare, smettetela', ma, finché è parso a loro, questo ha continuato.”
(“Pollicino Gnus” n. 40, maggio ‘97)
“(...) Fra gli antifascisti, a quei tempi, come è poi tornato dopo il fascismo, si festeggiava il Primo di Maggio, e costumava di fare i cappelletti. Allora i fascisti andavano a casa di qualcuno che a loro interessava, all'ora del pranzo del Primo maggio, a vedere cosa mangiavano. A casa mia, io ero un ragazzo che stava per compiere i 5 anni, cioè nel 1922, venne questa squadra di fascisti, che mi impaurì, io, le mie sorelle, mia madre e anche mio padre stesso; hanno visto che c'erano i cappelletti sulla tavola, e portavano rancore che mio padre non smetteva di pensarla ancora da socialista, hanno preso il lembo della tovaglia, trascinando tutto quello che era sopra, e buttando tutto a terra.
E di conseguenza bastonavano anche mio padre stesso, sotto le grida mie, delle mie sorelle e di mia madre 'Basta, basta, lasciatelo stare, smettetela', ma, finché è parso a loro, questo ha continuato.”
(“Pollicino Gnus” n. 40, maggio ‘97)
apprendere tutto ciò, mi farà gradire i cappelletti anche più di prima!
RispondiEliminaSuby, i cappelletti antifascisti devono essere davvero speciali, quasi un simbolo di lotta, di resistenza.
RispondiEliminaE buoni come poco altro... :)
Ciao
La ricetta naturalemte e' la stessa ma lo spirito di preparazione e di "consumazione" cambia alquanto.
RispondiElimina